L’ARMA DI BERSANI: “GIOVANI CULATELLI” IN CAMPO PER ARGINARE I ROTTAMATORI DI RENZI - PIU’ GIOVANI DEI “GIOVANI TURCHI” (QUARANTENNI), NON VEDONO L’ORA DI SCALZARE I DINOSAURI D’ALEMA, VELTRONI E FASSINO - UNA SFILZA DI SEGRETARI REGIONALI E AMMINISTRATORI LOCALI CHE HA LA SUA LA PIN-UP: L’INCANTEVOLE Alessandra Moretti, 39 anni, vicesindaco a Vicenza. CHE HA COMINCIATO A FARE POLITICA A 12 ANNI…

1- MAIL
New entry nella squadra di Bersani! Alessandra Moretti (bea tosa de Vicensa)! Curriculum sul sito del PD:
"Nata a Vicenza il 24.06.1973, comincia a fare politica nel 1985, diventando la prima segretaria donna dell'Associazione Studenti di Vicenza."
O gli Studenti hanno eletto una segretaria di 12 anni o c'è qualche problema con la sintassi. Chi ben comincia...
Faber

2- BERSANI "COLTIVA" UN MANIPOLO DI 30/40ENNI PER ARGINARE I ROTTAMATORI DI RENZI...

Susanna Turco per "l'Espresso"

Dicono che «la vera lotta non si fa in prima pagina, ma negli organismi di partito». Di Pier Luigi Bersani si «fidano», o addirittura in lui «credono» (taluni «fermamente»). Incarnano la risposta del segretario Pd alla furia rottamatrice di Matteo Renzi. Sono i volti - in gran parte per ora sconosciuti - del rinnovamento di cui il leader democratico, chiudendo la festa a Reggio Emilia, si è fatto «garante» contro il nuovismo professato dal sindaco di Firenze.

E, nello stesso tempo, sono gli aspiranti al potere nel partito: quelli che si preparano a mandare a casa l'eterna generazione dei Massimo D'Alema, Walter Veltroni, Piero Fassino (e Bersani medesimo). Ma senza strappi eretici, piuttosto per legittima successione: rinnovamento nella continuità, si sarebbe detto una volta. O più semplicemente: cooptazione e promozione.

I trenta-quarantenni spediti in trincea a contrastare l'avanzata del trentasettenne Renzi hanno spesso un vocabolario curiosamente identico, declinato con accenti regionali diversi. Da ultimo si sono incontrati a Reggio Emilia per l'assemblea nazionale di Rifare l'Italia, l'associazione in cui provano a darsi una struttura che ha fatto imbestialire la presidente del Pd Rosy Bindi («Troppo rosso nel partito, anche tra i giovani»).

Bersani ha puntato molto su di loro. Seguendo la lezione appresa dai gran capi di Botteghe oscure, i Berlinguer, i Natta, gli Occhetto - tutti col pallino di andare a caccia di nuovi talenti - li ha cercati sul territorio, coinvolti, consultati, promossi. E con successo: in effetti tra loro è tutto un fiorire di «col segretario ci parlo almeno una volta a settimana», «mi ha risposto subito a un sms di mezzanotte», «si è liberato una giornata intera per venire alla nostra manifestazione», «è uno che quando serve c'è, c'è sempre».

Al limite del culto della personalità. Conseguenze marginali di un lavoro certosino, accurato e circolare. Loro lo sostengono oggi nella disfida delle primarie - e quindi verso la possibile conquista del governo del Paese. Lui domani tornerà a sospingere loro, per la conquista del partito. Una ruota che gira, stile patto intergenerazionale tra lui e loro, il segretario e i segretari del segretario.

Non si tratta soltanto dei Matteo Orfini, Stefano Fassina, Andrea Orlando, Davide Zoggia e degli altri quarantenni di varia provenienza dei quali Bersani ha riempito la "sua" segreteria e che sono saldamente sulla scena: i "giovani turchi" che imperversano nelle polemiche giornalistiche con le altre anime del partito. Ma anche di virgulti locali, non da prima pagina.

Nelle Marche, per esempio, ci sono Marco Marchetti, 30 anni, segretario provinciale del Pd di Pesaro e Urbino, e il suo predecessore Matteo Ricci, fra l'altro inventore del Festival della Felicità e oggi trentottenne presidente della provincia; in Basilicata, il segretario provinciale Antonello Molinari, 33 anni, il suo coetaneo Roberto Speranza, segretario regionale, e il trentacinquenne Piero Lacorazza, che oggi governa la provincia di Potenza. E, sempre tra i segretari regionali, in Lombardia c'è Maurizio Martina, 34 anni, in Campania Enzo Amendola, 35, in Molise Danilo Leva, 34.

Biografie per molti versi identiche, soprattutto in un passaggio chiave: l'incontro con la politica. Tutti provenienti dalla Sinistra giovanile, tutti entrati a far politica sedicenni o giù di lì, nei primi anni Novanta - subito dopo l'addio al Pci - a cavallo tra la segreteria di Gianni Cuperlo e quella di Nicola Zingaretti. Tutti anagraficamente post, ma con una tendenza a ricordare con orgoglio i nonni comunisti e i padri che li portavano alle feste dell'Unità.

«Siamo un gruppo coeso, che a differenza del passato si integra e si aiuta: non più i giovani bravini, ma gente con le palle», sintetizza Patrizio Mecacci. Lui, 28 anni, segretario cittadino di Firenze da due, e naturalmente un passato nella sinistra (pi)diessina, inventore fra l'altro dello pseudo gruppo goliardico Erotismo democratico, è uno su cui la dirigenza ha puntato di più (selezionandolo anche per il viaggio d'istruzione organizzato a gennaio dal Dipartimento di Stato statunitense) per fare da personaggio di contrasto al sindaco rottamatore, contro il quale ovviamente va giù duro.

«Sarebbe una risorsa per il partito, se ci frequentasse qualche volta», dice ricalcando un pezzo del vocabolario comune al gruppo (il trittico: Renzi-risorsa-in teoria). «Ma il rinnovamento è già in atto, anche se non è altrettanto visibile come le sue polemiche. Un esempio? Restiamo in Toscana: a Pisa c'è Francesco Nocchi che ha 34 anni, a Piombino Valerio Fabiani di 28, a Empoli Brenda Barnini che ne ha 31, a Pistoia Marco Niccolai di 30. Prima l'età media era molto più alta. E i giovani meno intraprendenti».

A sentirli parlare, pare che vedere facce nuove sia solo questione di tempo: una cosa ordinata, senza botte da orbi. In questo diversi non soltanto da Renzi, ma anche dai rinnovatori Pippo Civati e Deborah Serracchiani. «Il rinnovamento è un processo necessario ma anche inarrestabile, altrimenti il partito è destinato a morire», dice Alessandra Moretti, oggi 39 anni, vicesindaco a Vicenza in quota Ds dal 2008, un passato da simpatizzante non militante, due figli piccoli e anche lei coinvolta nel viaggio Usa.

«Ma per realizzarlo non ci sono solo le primarie, che fra l'altro spero non siano una resa dei conti perché abbiamo bisogno di consolidarci: ci sono le lotte negli organismi di partito, l'impegno quotidiano che ti assorbe e sul quale ciascuno mette la faccia, anche se tutto ciò non prevede titoli da prima pagina».

Anche perché, aggiunge la coetanea Roberta Mori, esperienza decennale di sindaco di Castelnovo di Sotto, oggi consigliera regionale dell'Emilia, «se ci battiamo per il ricambio, ma poi una volta conquistati gli incarichi facciamo tutti i galletti, nessuno si occupa di realizzarlo in pratica il cambiamento, dall'interno delle istituzioni».

I verbi "rottamare", "formattare", "rompere" sono in ogni caso poco graditi. C'è chi li definisce «inquietanti». Molto meglio una transizione morbida. Per la serie: al governo, nel caso di vittoria alle elezioni, solo nomi nuovi (c'è chi vedrebbe «benissimo» il proprio ex segretario della Sinistra giovanile Gianni Cuperlo, considerato una sorta di fratello maggiore) ma in Parlamento per i cosiddetti «presìdi d'esperienza» o «figure apicali» (vale a dire i soliti big) un posto ci sarà. Altro che il «niente eccezioni» con il quale Renzi si è abbattuto pure contro il (supposto) simpatetico Walter Veltroni.

«Nello statuto c'è il limite dei tre mandati e anche le deroghe sono regolate, non vedo ragione per fare la caccia all'uomo», spiega Roberto Speranza, che è diventato consigliere comunale a 25 anni, ed è diventato segretario regionale della Basilicata da outsider, a dispetto delle indicazioni della "ditta". Mirabile la sintesi con la quale spiega l'impossibilità di citare, come eventuali leader, nomi diversi dall'attuale segretario: «Oggi siamo tutti con Bersani, e Bersani stesso è il primo garante di una ruota che gira. Mi auguro che quando sarà premier, nel congresso del Pd possa affermarsi una nuova generazione, che oggi c'è e penso sia matura per stare in campo. Il rinnovamento vero si può fare tenendosi per mano». Come in una cordata.

 

ALESSANDRA Moretti PIERLUIGI BERSANIROBERTO SPERANZA PIERLUIGI BERSANI IN PREGHIERA NICCOLO CAMBI MARCO MARCHETTI ALESSANDRA MORETTI ALESSANDRA MORETTI jpeg

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”